Nuovi esami per Alessia Pifferi, la donna che ha fatto morire di stenti sua figlia Diana. Cosa hanno detto i test sulla salute mentale.
Arrivano nuovi importanti dettagli sul caso di Alessia Pifferi, la madre che ha fatto morire di stenti sua figlia Diana di 18 mesi. In queste ore, i giudici della Corte d’Assise di Milano devono decidere se la donna andrà sottoposta ad una perizia psichiatrica anche se la sua difesa ha già portato in aula dei documenti su esami diagnostici e valutazioni psichico-forensi successivi all’infanticidio avvenuto.
Test che avrebbero messo in luce un quadro davvero problematico.
Il doppio test sulla capacità mentale di Alessia Pifferi
Oltre ai colloqui con gli psicologi del carcere di San Vittore, pare che la Pifferi sia stata sottoposta a valutazioni psichiatriche dei consulenti tecnici di parte, Marco Garbarini e Alice Quadri. A riportare nel dettaglio quelli che sarebbe stati i test fatti dalla donna è Fanpage che ha spiegato come la madre della piccola Diana sia stata sottoposta al Thematic apperception test e al test delle macchie di Rorschach.
Il primo esame, il Thematic apperception test (Tat) ha lo scopo di valutare il funzionamento del pensiero, il rapporto con la realtà, la qualità delle difese e la rappresentazione oggettiva delle relazioni.
Per quanto riguarda il test delle macchie di Rorschach, invece, si cerca di comprendere alcuni aspetti della personalità di chi viene sottoposto all’analisi attraverso l’uso di 10 tavole bianche contenenti delle macchie di inchiostro cromatiche e acromatiche.
L’esito dei test
Secondo l’esperta che ha diretto i test, la dottoressa Alice Quadri, la Pifferi non era in grado di elaborare quello che vedeva fino in fondo. “Si è limitata a fornire brevi e scarne descrizioni, per lo più statiche, delle raffigurazioni proposte: una sorta di fotografia della realtà dove gli eventi accadono senza una logica causale”. Questo implicherebbe un esito del test chiaro: la Pifferi non distingue, di fatto, le cause e gli effetti, né ha la percezione del trascorrere del tempo.
Nel resoconto, la Quadri ha specificato che la donna sembra bloccata in “un’immobilità che ha contraddistinto tutto il protocollo, dove non appare una dimensione temporale”. La donna vedrebbe una “continuità delle azioni nel tempo”, che “è frutto di una rigidità psichica che si manifesta anche al livello relazionale, riconducibile alle limitazioni cognitive riscontrate”.
La Pifferi vedrebbe personaggi tra loro slegati senza rapporto affettivi né emozioni.
Anche il secondo test avrebbe completato il quadro già descritto nel primo con l’imputata che avrebbe “una scarsissima complessità psicologica indicativa di un pensiero molto semplice e concreto”. Nel rapporto si legge anche che per la Pifferi “l’oggi è anche il domani”.